Michele Inturri porta la sua esperienza umana e artistica di donatore di voce

Questo mese vogliamo ripercorrere alcuni passaggi dell’evento “Ascoltare per Conoscere”, pensato e organizzato per portare la lettura inclusiva su un altro livello, o meglio, su diversi livelli. Il nostro obiettivo è stato raggiunto ed è stato possibile grazie al contributo fondamentale di tutti gli speaker coinvolti, che hanno saputo coinvolgere il pubblico con le loro preziose testimonianze. 

Ripercorriamo quindi l’intervento di Michele Inturri che, durante la prima giornata dell’iniziativa, ci ha raccontato la sua esperienza di donatore di voce sia a livello umano che artistico. Un esempio di come seguire la propria passione e il proprio sogno porta ad avere continue soddisfazioni. 

Qui di seguito puoi trovare alcuni passaggi della sua intervista.

Come hai conosciuto il CILP, Michele?

“Io leggo il Corriere della Sera e una volta c’era un articolo che parlava del Centro Internazionale del Libro Parlato e mi affascinò l’idea perché io provengo da una esperienza di insegnante di matematica e quindi avevo molto tempo a disposizione perché all’epoca facevo soltanto 15 ore a settimana di insegnamento.” 

“Ho avuto una madre meravigliosa che ha capito che avevo una tonalità di voce adatta a fare il doppiatore. Mi consigliò di comprare il DOP, il dizionario di ortografia e pronuncia perché io pronunciassi bene le parole: questo fu l’inizio della mia carriera di doppiatore.”

“Sono arrivato a doppiare diversi documentari, perché la mia voce si prestava molto bene a seguire le immagini di qualsivoglia documentario, fino poi ad avere il colpo grosso, quello di doppiare Alberto Sordi.”

“Come dicevo, sul Corriere della Sera si parlava del CILP e di come contattarlo, allora pensai: con la mia esperienza e le mie capacità vocali, perché gettarle a mare? Mi presto tramite volontariato a fare il donatore di voce. Contattai il CILP e mi rispose il maestro Munerol, da lì iniziai: è una cosa bellissima e inviterei tutti a studiare prima la dizione perché chi è mancante di un senso sviluppa gli altri quattro. I non vedenti infatti hanno un udito raffinatissimo e vogliono una voce gradevole che li faccia entrare nell’ambientazione, nei personaggi, nel contesto del racconto. È come se fosse una registrazione tridimensionale perché vogliono guardare ed è bellissimo donare la mia voce per queste persone.”

“L’episodio che mi ha fatto confermare la mia volontà di continuare ad aiutare i non vedenti è stata una telefonata che io ricevetti nel 1992, era appena un anno che io facevo il donatore di voce, da una ragazza che mi commosse a tal punto che io mi impegnai a dare tutto me stesso con tutte le mie capacità per rendere al meglio la registrazione. E penso di esserci riuscito.“