Valentina Borsella presenta i progetti della Fondazione Carlo Molo per l’inclusione degli afasici

L’obiettivo dell’evento “Ascoltare per Conoscere” era di portare la lettura inclusiva su un altro livello, o meglio, su diversi livelli: questo è stato possibile grazie al contributo fondamentale di tutti gli speaker coinvolti, che hanno saputo coinvolgere il pubblico con le loro preziose testimonianze. 

Questo mese riviviamo insieme l’intervento della Vice Presidentessa Valentina Borsella che, durante la prima giornata dell’iniziativa, ci ha raccontato i progetti della Fondazione Carlo Molo Onlus per l’inclusione degli afasici. Un esempio di come seguire la propria passione e il proprio sogno porti ad avere continue soddisfazioni. 

Qui di seguito potete trovare alcuni passaggi della sua intervista. 

Il Centro Internazionale del Libro Parlato di Feltre da tempo organizza sul territorio una rete tra le associazioni e gli enti per meglio promuovere e portare avanti iniziative. Nella ricerca di associazioni con le quali poter collaborare ho trovato un’associazione che opera in Piemonte, a Torino in particolare, che è un esempio molto particolare di inclusione per quanto riguarda le persone afasiche, cioè quelle persone che hanno perso la capacità di usare il linguaggio. A parlarcene oggi è la dottoressa Valentina Borsella che fa parte della Fondazione Carlo Molo. Ci descrive questa bellissima realtà, come è nata e cosa fa? Cosa fa? 

La nostra Fondazione nasce circa 18 anni fa e su ispirazione della nostra presidente, la dottoressa Maria Teresa Molo, la cui mamma, per colpa di un ictus, divenne afasica e quindi la dottoressa Molo scoprì questa disabilità che purtroppo ancora oggi è proprio poco conosciuta, anche se è abbastanza diffusa.

La persona afasica sperimenta una lesione cerebrale nell’area del cervello adibita alla comunicazione e quindi, con modalità differenti,  l’area della comunicazione subisce una lesione irreversibile: la persona che viene colpita da afasia non riesce più a parlare, a leggere e a scrivere. Ma la sua capacità di comprensione resta completamente intatta: quindi la persona resta completamente presente a sé stessa, ma si interrompe il rapporto con l’esterno. Questo genera una grandissima delusione e frustrazione nel lungo periodo, che si trasforma in ritiro sociale.

La Fondazione Molo cerca di creare dei percorsi di inclusione sociale che abbiano come nesso principale la cultura, come strumento e leva per far uscire le persone di casa e per raggiungere una buona qualità di vita. Per fare questo i progetti che sperimentiamo sono molteplici: abbiamo creato dei gruppi di lettura, con dei volontari che venivano a leggere ad alta voce alle nostre persone afasiche; abbiamo costruito delle guide museali (…)

Immagino ci siano molte figure professionali, di volontari, che operano intorno a questa associazione perché bisogna essere preparati.

Per la parte museale collaboriamo con i servizi educativi dei vari musei perché spesso le disabilità più conosciute e più accolte sono le disabilità afferenti ai bambini e poco agli adulti. E quindi abbiamo trovato in ogni museo un interlocutore fantastico per costruire ad hoc dei percorsi per i nostri amici afasici. Dal punto di vista del personale che collabora con noi naturalmente ci sono dei logopedisti e degli psicologi.”

Come si arriva da voi, dottoressa?

Il nostro è un percorso successivo, perché la persona colpita da un ictus o un’ischemia porta avanti una fragilità fisica importante che necessita di un lungo periodo per essere stabilizzata. La persona viene da noi per “divertirsi” perché, quando è stabilizzata, ha voglia di ricominciare a pensare a una vita “normale”.”